È affidabile, responsabile, attento ai dettagli, organizzato, ha un’immagine curata, è un lavoratore ideale, agisce mosso dal senso del dovere, non “molla mai” anche quando i livelli di stanchezza e di stress sono molto elevati, non sa accettare i no ma teme di dire di sì, è schiavo delle procedure ed è rigido mentalmente, per paura di sbagliare non decide, è spesso preoccupato e ansioso.
Ecco l’identikit del Perfezionista, persona nel mezzo del cortocircuito fra standard elevati e paura del fallimento che lo porta spesso ad essere lento, a procrastinare le decisioni, a non essere mai pienamente soddisfatto dei risultati raggiunti e ad essere percepito dagli altri come “distante”.
Il paradosso del perfezionismo nella nostra società è evidente in quei Manager che sono stati premiati per la loro ricerca di miglioramento continuo, la richiesta a se stessi e agli altri di standard sempre più alti, la capacità di lavorare un numero di ore quasi illimitato, ma che sono temuti dai loro collaboratori che li percepiscono come “persone fredde”, intolleranti con qualsiasi tipo di errore, incapaci di delegare.
Come possiamo avere i vantaggi del perfezionismo senza i suoi pericolosi effetti collaterali?
Il primo passo è quello di sostituire il concetto di fallimento con quello di errore. L’errore è parte integrante del processo di apprendimento, necessario al raggiungimento dell’eccellenza (contrapposto alla perfezione). Apprendere significa esporsi, provare e riprovare e accettare la possibilità di sbagliare come opportunità di uscire dalla propria area di confort e quindi di trarne insegnamenti per ottenere, la volta successiva, risultati migliori. In questo modo le emozioni associate alla ricerca del miglioramento saranno di tipo positivo: ottimismo, fiducia, passione…Al contrario, il concetto di fallimento chiama emozioni come paura, sfiducia, ansia, irritazione … che ci possono portare a nascondere l’errore, a non metterci in gioco in una nuova sfida, a non delegare niente a nessuno nel timore che possano sbagliare irreparabilmente.
Bibliografia:
Hamacheck, D. E. (1978). Psychodynamics of normal and neurotic perfectionism, Psychology, 15, 27-33.
Guarnieri S., Ortiz de Zarate M. (2010), No es lo mismo, LID